L'ipocrisia politica si esibisce, in questi giorni, in merito alla mancata estradizione di Cesare Battisti dal Brasile.
Bisogna subito dire che il "compagno" Battisti è stato lasciato libero per oltre venti anni dallo Stato italiano che, pur essendo a conoscenza perfino del domicilio in cui abitava a Parigi, non lo ha mai cercato, esattamente come ha fatto con tanti altri, ad esempio Oreste Scalzone, che è vissuto tranquillamente nella capitale francese per 30 anni, libero mentre altri suoi compagni, meno fortunati di lui e privi di amici degli amici e protettori, marcivano in galera.
Dov'è lo scandalo se il Brasile si rifiuta oggi di concedere l'estradizione in Italia ad un individuo che dovrebbe iniziare, solo ora, a scontare quattro ergastoli per fatti commessi oltre 30 anni fa?
Dov'erano i familiari delle vittime di Cesare Battisti mentre lo Stato non riteneva opportuno richiedere alle autorità francesi ii suo arresto e la sua estradizione?
L'Italia non è l'Argentina. Roma non è Buenos Aires. Qui non ci sono le madri di plaza de Mayo che sfidano il potere per avere giustizia.
Qui, ci si rivolge al potere fingendo di non sapere che esso è all'origine di tutti i crimini che hanno punteggiato la storia dell'Italia repubblicana.
Mai contro i più forti, anche quando si ha la certezza, prudentemente affermata solo in sede privata, che essi hanno le mani sporche del sangue di tanti italiani sacrificati perché essi dovevano restare al potere, costi quel che costi.
Sempre e solo contro i deboli: è la maledizione di un popolo che non riesce a scrollarsi di dosso la sua millennaria furbizia, il suo opportunismo, la sua codardia.
Il caso di Cesare Battisti nulla aggiunge e nulla toglie alla storia italiana, vuoi per la meschinità del personaggio vuoi perché si aggiungerà a quelli di tanti altri che nessuno ha mai cercato, senza sollevare proteste e scatenare campagne di stampa.
Mentre la politica e la stampa strepitavano sulla mancata estradizione di Cesare Battisti, passavano sotto silenzio l'anniversario della strage di Brescia del 28 maggio 1974 compiuta da persone che collaboravano con lo.
Stato e che dallo Stato sono stati sempre protetti, fino ad oggi.
E' la rappresentazione emblematica del modo di scrivere la storia e di strumentalizzare il senso di giustizia dell'opinione pubblica: là dove c'è una responsabilità individuale, si strilla che la giustizia deve fare il suo corso, là dove c'è la complicità dello Stato si passa oltre, in silenzio, perché la gente dimentichi e non faccia domande.
Sono oltre sessant'anni che in questo Paese si assiste a questo spettacolo di ignominia.
E' venuto il momento di occuparsi seriamente dei crimini di Stato, di chiedersi chi ha armato la mano dei Cesare Battisti e di tanti altri, di chi ha tratto beneficio della guerra civile "a bassa intensità" scatenata in questo Paese da coloro che detenevano il potere.
Non ci potrà più essere giustizia perché, ormai, i colpevoli sono quasi tutti morti o non sono più imputabili per il troppo tempo decorso, ma è possibile avere verità.
E la verità storica è giustizia, la sola che si possa ottenere in questo Paese dove la magistratura, fatte salve singole eccezioni, ha agito per occultare le responsabilità di uno Stato che paga gli stipendi e fa fare carriera, mentre la politica spalanca ai depistatori le porte del Parlamento.
L'unico mistero italiano è quello di come lo Stato ed il regime politico siano riusciti fino ad oggi a far credere che esistano dei misteri nella nostra storia. Non ci sono segreti e misteri, perché la verità è scritta in ciò che è accaduto ed è stato fatto dimenticare, che è stato ignorato in sede storica e giudiziaria, che è stato negletto ma non cancellato.
Non lasciamoci distrarre da un Battisti che piange come un coniglio per non tornare in Italia, dove persone con ben altre ed atroci responsabilità sono sempre rimaste libere o hanno "pagato" un prezzo irrisorio, nel silenzio generale.
Concentriamo la nostra attenzione sulla verità, la stessa che ci induce a non fare distinzioni fra i "terroristi" uccisi dalle forze di polizia e i poliziotti ammazzati dai "terroristi", perché sono tutti vittime di questo potere e di questo Stato.
Così che sarebbe rispondente ad un criterio di giustizia che i familiari degli uni e degli altri, dopo aver deposto un fiore sulla tomba dei loro congiunti, si recassero insieme a tirare pietre in piazza Montecitorio contro i responsabili della loro morte.
I processi, oggi, vanno fatti sulle piazze, non negli inutili tribunali italiani. Processi di popolo per i crimini di Stato.
E, finalmente, avremo giustizia.
Vincenzo Vinciguerra, Opera 30 GIUGNO 2011 (DATA DI PUBBLICAZIONE)
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E' Scilipoti il vero erede di B.di Silvia Cerami "Simpatico, autoironico, un vero eroe". Il premier interviene a Montecitorio alla conferenza stampa di presentazione del libro del 're dei peones' e lo incorona suo unico successore
(07 luglio 2011) Altro che Angelino Alfano. Una settimana fa, al Consiglio nazionale del Pdl, Silvio Berlusconi ha speso per il nuovo segretario poche parole di rito: "E' un ragazzo intelligente e leale, sono sicuro che farà bene". Nulla a che vedere con l'investitura di questa mattina, quando il premier si è seduto nella sala del Mappamondo per incoronare il suo unico e vero successore: Domenico, detto Mimmo, Scilipoti.
"Simpatico, autoironico, un cane da polpacci". Di più "uno che ha la fiducia di cambiare le cose attraverso il suo impegno, un uomo del fare, versatile in diversi campi". Tutto qui? Certo che no. Scilipoti è stato capace "di sfidare e affrontare la gogna e il linciaggio mediatico". Basta così? Non sia mai. Scilipoti è un eroe perché " è stato capace di salvare il principio del bipolarismo" e solo grazie a lui si potranno "fare le riforme tanto promesse, quella della giustizia, del fisco e dell'architettura istituzionale".
Accanto a lui Mimmo gongola e quando finalmente entra in scena – l'occasione è la presentazione della sua biografia "Scilipoti re dei peones" sottotitolo "Perché Silvio Berlusconi" scritto da Giuseppina Cerbino, per l'occasione figurante muta– spiega il perché tra Alfano, Tremonti, Formigoni e persino Gelmini, l'unico erede del berlusconismo sia lui.
Perché "questo Scilipoti", fa sapere Mimmo che di sé parla sempre in terza persona, ha scelto Berlusconi " non con l'odio nella mente e nel cuore, ma con l'amore". "Questo Scilipoti ha pensato alla parola magica: gli italiani".
Ma non solo, gli ingrati giornalisti non ricordano che "questo Scilipoti ha fatto 140 interrogazioni parlamentari, 30 proposte di legge, 150 interventi, 220 conferenze in giro per l'Italia". Insomma degli incapaci che non conoscono "questo Scilipoti che da medico ha fatto 22 mila visite nelle favelas brasiliane, ha scritto 12 libri, ha la cittadinanza carioca onoraria". E allora il mondo non deve dimenticare che "questo Scilipoti crede nella famiglia, nella patria, nella fede, in Dio". E poi che"questo Scilipoti ha fatto il tassista per comprarsi i libri di seconda mano e laurearsi in medicina" e persino che "questo Scilipoti ha una sala di lettura intitolata in Brasile, perché con le suore Luigine ha tolto dalla strada cento bambini senza genitori".
Questo Scilipoti ricorda a tutti noi che "Berlusconi è una persona per bene e anche gli italiani che stanno dall'altra parte della barricata dovrebbero ringraziarlo". Perché si sappia" con Berlusconi nel giro di 5-10 anni si può costruire una grande Italia, un faro per l'Europa, un Paese dove i figli degli americani verranno per vedere la democrazia, la libertà e la cultura".
Perché questo è Scilipoti. Scilipoti e Berlusconi. A vederli insieme si scopre che in comune non hanno solo la statura, la tintura dei capelli e l'eloquio torrenziale. Mimmo è davvero l'unico italiano in grado di superare il Cavaliere in megalomania. Mimmo, l'unico vero delfino.
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